DÉJÀ DONNÉ
ÓSEMÁN | il cielo
Ideazione e coreografia Afshin Varjavandi
con Luca Calderini, Mattia Maiotti, Jenny Mattaioli, Elia Pangaro, Debora Renzi
disegno luci Fabio Galeotti
anno di produzione 2017
Durata 50’
“I sogni non vogliono farvi dormire, al contrario, vogliono svegliare.” René Magritte
In un tempo immaginario, tra il crepuscolo e la notte, nella brezza estiva, lo sguardo si muove percorrendo linee e forme di una piazza all’italiana di cui ne cattura sinesteticamente odori e voci, cogliendone la bellezza in un flusso emotivo ininterrotto. Ma quando lo sguardo si ferma e, distolto dall’arte, pone la sua attenzione altrove, l’unicità e la totalità dell’esperienza si dissolve. Il tempo si ferma, ci si sveglia dal sogno e tutto diventa frammentario. Lo sguardo non è più in grado di cogliere ciò che nella realtà è sorprendente e straordinario, diviene paradossalmente incapace di vedere. Cogliere lo straordinario, il surreale, nella realtà è il compito dell’artista: grazie a questa sua prerogativa il mondo può divenire ciò che non è (come la pipa di Magritte) e la trama della realtà si apre e noi riusciamo a penetrarla e a capovolgerla e dopo averla capovolta aneliamo a volare su di essa, per poterla guardare dall’alto, come gli amanti di Chagall. La poetica delle opere di Magritte e Chagall ispirano ÓSEMÁN, che in persiano vuol dire “il cielo”, uno spettacolo che nasce da una riflessione sulla luna blu, lo straordinario accadimento astronomico durante il quale si assiste al sorgere di due lune piene nell’arco di un solo mese. Alcuni incontri nella vita sono rari quanto la luna blu, e straordinaria è allo stesso modo la capacità degli esseri umani di provare un amore che sia puro ed incondizionato, frutto di una scelta libera, incurante delle rinunce o delle circostanze imposte dal destino. Un amore che per la maggior parte del tempo fluttua sulle nostre teste e che qualche volta, per caso, ci capita di vedere quando alziamo gli occhi al cielo. Un amore che è come una nuvola, che rincorriamo e tentiamo di afferrare o anche solo di toccare con un dito. E così in ÓSEMÁN, la danza diventa a tratti docile e a tratti irruente, proprio come la nostra corsa dietro alla nuvola che si adegua ai percorsi e a i mondi da attraversare; il suo linguaggio fatto di piccoli movimenti e gesti, minuziosi dettagli e sfumature che hanno dello straordinario diviene eloquente e coglie in una esperienza unica il romanticismo e il sapore amaro dell’oblio. ÓSEMÁN racconta un momento in cui l'amore ci chiama a danzare, pullulanti, caldi, violenti e audaci, sotto un cielo in tempesta.